NON CREDEVI CHE IL TEMPO PASSASSE COSI’

di Enrico Roversi

 

“Non credevi
che il tempo passasse così
come un sogno della notte passata
fino a quando ti sei visto allo specchio
fino a quando ti sei visto più vecchio”

Così inizia una canzone dei Nomadi della fine degli anni ’70.  

Scuola Primaria Anno Domini 2025, insegno storia in una classe prima.

Da pochi giorni è stato reso pubblico il testo delle “Nuove indicazioni per la scuola dell’infanzia e primo ciclo di istruzione 2025” – Materiali per il dibattito pubblico. La Commissione incaricata della redazione del nuovo testo delle Indicazioni nazionali ha terminato i lavori di redazione della bozza e la pubblicazione del documento stesso ha lo scopo di avviare nei prossimi giorni la fase di consultazione con le associazioni professionali e disciplinari, con le associazioni dei genitori e degli studenti e con le organizzazioni sindacali della scuola. Il confronto avvierà l’iter formale di adozione delle Nuove Indicazioni nazionali che sostituiranno a partire dall’anno scolastico 2026/2027 quelle adottate nel novembre 2012. Leggendole la sera questo passaggio deve avermi particolarmente colpito.

 

“Non abbia timore l’insegnante di ricorrere nella sua esposizione al coinvolgimento anche emotivo e sentimentale dei giovani allievi, facendo uso di episodi particolari anche aneddotici, che fanno ancora parte della cultura del nostro paese (per la storia romana, ad esempio, il sacrificio di Muzio Scevola o l’apologo di Menenio Agrippa).”  

 

Sì, perché durante il sonno ho avuto un incubo. Ero con un manipolo di colleghe e colleghi resistenti in una scuola assediata da anni. La situazione diventava di ora in ora più disperata. Durante  la notte gli assedianti scoprivano una galleria sotterranea che portava oltre le barricate disposte a difesa della scuola. Arrivati alla fine del condotto lo trovano sbarrato da una porta ed iniziano a tentare di abbatterla. Io e un collega siamo proprio lì a far la guardia presidiando la postazione, scelti perché durante il servizio militare eravamo entrambi granatieri. Capiamo che c’è poco tempo e se non agiamo in fretta sarà la fine. Dietro la porta avevamo posto una mina ma adesso manca il tempo per preparare la striscia di polvere che permette a chi le dà fuoco di porsi in salvo prima dello scoppio. Sempre più forti i colpi di scure e di circolari ministeriali dietro la porta. Mi rivolgo al collega granatiere e gli grido di scappare e una volta vistolo al sicuro faccio esplodere direttamente la mina. Il mio corpo insieme a quello del ministro ed ex ministri/e della pubblica istruzione, sottosegretari, politici, portaborse, fautori della meritocrazia, ecc. ecc. salta in aria.  La scuola è salva. Che meraviglioso Pietro Micca de noantri!

 

Pur non essendo un montessoriano mi tornano in mente le sue parole: “Ma la storia delle conquiste umane è qualche cosa di reale, una testimonianza viva della grandezza dell’uomo; ed è facile portare i bambini a commuoversi all’idea che milioni di persone come loro lottano fisicamente e moralmente per risolvere i problemi della vita e che tutti danno il loro contributo, anche se può capitare che la soluzione sia trovata da un solo uomo.” [1] Secondo Montessori allo studio della storia è possibile avvicinarsi in due modi: attraverso un approccio di natura eroica o un approccio di natura antieroica. La storia che abitualmente si studia a scuola è spesso quella eroica al cui centro vi è l’eroe ovvero l’uomo che nel gruppo era colui che emergeva per azioni di coraggio e gesta prodigiose a favore del gruppo stesso. Il concetto di storia per Maria Montessori si discosta da questo perché la sua pedagogia ha un approccio di natura antieroica che vede come protagonista l’antieroe, cioè l’uomo comune. Per la pedagogista l’eroe non è altro che l’uomo comune, senza volto, poiché in lui si può rispecchiare ciascun volto in qualunque epoca. Questo è il vero eroe perché ogni giorno con le sue azioni trasforma l’ambiente intorno a sé costruendo così insieme agli altri la civiltà. Certo la visione ottimistica e progressiva della Montessori risente del suo tempo che appare così lontano e diverso dall’oggi ma la riflessione tra eroe e antieroe rimane attuale.

 

Penso di non avere mai avuto come vero obiettivo quello di “insegnare” storia ma quello di far nascere nei bambini e nelle bambine curiosità sul passato, voglia di indagare ed esplorare, per tornare poi a riflettere sulla realtà presente cercando i nessi col passato. Far nascere domande e attrezzarsi a cercare in autonomia risposte a quelle stesse domande, il nostro programma di base.

Trovo scritto nella bozza di Indicazioni nazionali, per quanto riguarda storia, che le conoscenze attese alla fine del primo anno di scuola primaria sono:

  •  Le radici della cultura occidentale attraverso alcune grandi narrazioni: p. es. Bibbia, Iliade, Odissea, Eneide (in forma molto semplificata).
  • La mia città, paese, quartiere: i luoghi più importanti (uffici pubblici, luoghi di culto, monumenti, piazze e loro significato).
  • L’Italia: sua raffigurazione geografica, ricerca sulla carta geografica dei luoghi conosciuti dagli alunni e delle città principali.
  • L’Italia: il mare, la montagna, la campagna, nell’esperienza degli alunni.

Mi diventa difficile seguire ciò che indicano le Indicazioni.

Se l'obiettivo è far appassionare gli alunni alla storia, al di là di una quantità di nozioni, di personaggi e di date, gli insegnanti devono comunque far capire che si parla di qualcosa che non è astratto ma che riguarda le persone, tutte.

 

In questo anno scolastico con la “mia” prima ho avviato, nel secondo quadrimestre, un percorso di storia partendo dallo smartphone. Cerco di spiegare. In classe ho tirato fuori il mio smartphone, l’ho mostrato e ho chiesto se sapevano cosa fosse. Ovvio che sì! Poi ho chiesto a cosa serve. I vari interventi sono partiti dai giochi, per poi passare ai video, ai messaggi whatsapp e solo dopo aver elencato vari altri utilizzi finalmente alla possibilità di fare e ricevere telefonate. Ho raccontato alla classe che quando avevo la loro età lo smartphone non esisteva ancora e nemmeno il cellulare. Stupore. “E come facevi maestro?” “Facevo con questo” e ho tirato fuori da una borsa il vecchio  Siemens S62 conosciuto anche come bigrigio, il telefono fisso della SIP che avevo in casa alla loro età, che ho conservato e rimane tuttora a fare da soprammobile nella mia attuale dimora. Poi l’ho messo al centro delle isole in cui è divisa la classe e ho chiesto loro come si usava e li ho invitati uno alla volta a fare una prova. Su ventitrè tentativi nessuno è andato a buon fine. Soprattutto metteva in difficoltà il funzionamento della rotella. “Dai maestro facci vedere tu come si faceva!” Mostro loro la procedura per chiamare o ricevere una chiamata e poi li invito a turno a provare di comporre un numero ruotando correttamente il disco. Da lì sono partite un sacco di domande. Di colpo mi sono reso conto che non stavo facendo una lezione di storia. In quel momento ero io stesso un pezzo di storia da esplorare, una fonte orale da utilizzare avidamente. E’ stato a questo punto che ha iniziato a risuonarmi nella mente la voce di Augusto Daolio e la vecchia canzone dei Nomadi… “Ma se eri in giro e avevi bisogno di chiamare qualcuno?” “Ma che suoneria aveva questo telefono?” “Ma se ti chiamava un amico e tu non eri in casa?” “Ma quanto costava fare una telefonata?” “Ma se prendevano la luce funzionava lo stesso?” “Ma il telefono è sempre esistito? No? Ma allora quando è stato inventato?” E così via di domanda in domanda. Segno tutto, domande e curiosità. Nei giorni successivi è in classe la collega di seconda, prossima alla pensione, che fa due ore settimanali di compresenza con noi e le chiedo di fare da altra fonte orale per rispondere insieme a me alle domande e alle curiosità. Successivamente come fonte materiale porto in classe un vecchio gettone telefonico e le vecchie monete da 100 e 200 lire. Cerchiamo e vediamo vari video in rete sulla storia del telefono, sulle suonerie, sulle cabine telefoniche. Sempre in rete raccogliamo immagini di vecchi telefoni, sull’evoluzione dal cellulare allo smartphone. Morena, la collega prossima alla pensione, porta a scuola un’altra fonte materiale: un Telecar CD 452, uno dei primi cellulari trasportabili che assomiglia ad una valigetta e pesa dannatamente. Dopo aver raccolto tanti dati ed informazioni fissiamo tutto in modo ordinato in un power point che carico su classroom e affido ad ogni bambino e ad ogni bambina questo compito: “Guarda insieme ai tuoi familiari (genitori, nonni/e, zii/e) questa presentazione. Chiedi i loro ricordi e quali cose, tra quelle che hanno visto nella presentazione,  hanno usato o visto usare in passato. Registra le loro risposte e poi carica i file audio su classroom. Fotografa e carica su classroom le foto dei vecchi telefoni e cellulari che hai la possibilità di trovare. Passeggia per Bologna e fotografa le vecchie cabine telefoniche che riesci a trovare. Segna la piazza o la via in cui le hai trovate e carica anche queste foto nella pagina di storia. Attenzione! Non sarà un’impresa semplice perché le stanno smantellando tutte. Praticamente impossibile ormai trovare quelle a gettoni, ancora possibile trovare quelle che funzionavano con le schede. Vuoi un aiuto? https://www.tim.it/assistenza/trova-telefono.”

Nel giro di due settimane, tempo assegnato per lo svolgimento del compito, è arrivata una valanga di materiale che abbiamo poi condiviso e sul quale abbiamo riflettuto insieme in classe: molte foto di cabine telefoniche in tante vie e piazze della città, foto di vecchi e addirittura vecchissimi telefoni (una bambina è stata accompagnata dai genitori da un rigattiere che ne aveva di bellissimi anche di inizio ’900), interessantissime testimonianze orali, soprattutto dei nonni e delle nonne (particolarmente divertente il racconto di un nonno che aveva messo il lucchetto al telefono a rotella perché il figlio spendeva troppo in telefonate). Adesso siamo passati al fatto che alla loro età non avevo il computer e non solo io perché ai tempi in nessuna casa ne esisteva uno. Nasce altra curiosità intorno al racconto e dopo aver portato a scuola la mia vecchia Olivetti Valentine si sta aprendo il capitolo macchina da scrivere, cambio nastro d’inchiostro,  carta carbone, ecc. ecc. Poi apriremo una finestra su posta, lettere e cartoline. Poi…chissà?  non si può predeterminare tutto!

Abbiamo fatto storia e ricerca storica? Mi sembra di sì. E’ nata curiosità verso la storia come disciplina? Sì. C’entra qualcosa quello che abbiamo fatto con le Nuove indicazioni nazionali? Mi pare proprio di no. E aggiungo per fortuna!

 

Ricordo a me stesso e a tutti/e che i Programmi scolastici non esistono più da due decenni e le Indicazioni, rispetto ai programmi, non hanno un carattere prescrittivo, non possono e non devono mai declinare argomenti da studiare, nella propria o in una qualsivoglia scuola italiana e neppure elencano tematiche da affrontare obbligatoriamente negli anni di corso. Oggi, i bambini e le bambine non devono più affrontare e studiare gli stessi contenuti.

 

Nuove Indicazioni nazionali o meno abbiamo ancora margini e spazi di libertà. Da una parte non rinunciamoci e teniamoceli stretti, dall’altra contrastiamo chi in modo manipolatorio e ideologico vorrebbe riportare la scuola italiana all’enciclopedia Conoscere.

Detto questo la canzone dei Nomadi terminava così…

 

 “Così tu ascolti

la notte nel suo amaro morire

trascinare con sé i tuoi pensieri

ma già l'alba illumina il cielo

ti cancella il buio dal viso

è già giorno è già domani

è già giorno è già domani.”

 

Cancelliamo il buio dal viso, è già giorno è già domani e c’è ancora un pezzo di storia da scrivere. Non facciamo che siano altri o altre a scriverlo per noi!

 

P.S. Pochi giorni fa scherzando ho detto alla collega “Quando sarai in pensione se me la vedo brutta ti richiamo in servizio come Cincinnato” La risposta ve la lascio immaginare.

 

 

[1] M. Montessori, Come educare il potenziale umano, p. 122

 

Enciclopedia Conoscere Fratelli Fabbri Editori Vol. 1 pag. 111