CONTRAPPUNTI

Ritornare all'isola delle anguille

di Enrico Roversi

 

 “È allora che ho teorizzato che i veri proletari sono i bambini, perché sono in fondo alla scala sociale e non hanno voce in capitolo. Anche io ho avuto un'infanzia di merda. La mia non è stata una pedagogia neutra: è stata partigiana. Mi sono sempre schierato dalla parte dei bambini. Che gli altri andassero a…”. [1]

 

 

Chi non ha mai forato la bicicletta scagli la prima camera d’aria!

 

Il progetto di educazione stradale, con annessa biciclettata finale delle classi aderenti su percorso protetto e vigilato, è ormai diventato un grande classico nella scuola primaria. Sono molti i progetti e le iniziative legate alla bicicletta che circolano nelle scuole italiane. Ad esempio il 5 ottobre 2021, il Ministero dell’Istruzione e la FIAB (Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta) hanno firmato un protocollo d’intesa che nasce per promuovere la mobilità sostenibile nelle scuole e prevenire e contrastare comportamenti scorretti in materia di sicurezza stradale. Va da sé che nell’applicazione di questo protocollo e dei relativi progetti le regole di comportamento vengano ritenute decisive e importantissime. Ma a quali regole si fa riferimento? A quelle che devono rispettarsi all’interno della scuola e che sono ben declinate nel “Regolamento” dell’ Istituto Comprensivo Statale “A. Moro” di Seriate pubblicato su Orizzonte Scuola e che prendiamo ad esempio. Cosa prevede in termini di sicurezza questo regolamento?

 

Art. 3 – Regole di comportamento

Le regole di comportamento costituiscono il codice di condotta al fine del corretto utilizzo della bicicletta senza cagionare danno a sé o agli altri. È, pertanto, previsto che:

● la bicicletta sia portata a mano dall’entrata nel cancello fino al parcheggio;

● la bicicletta venga parcheggiata in modo corretto inserendola nell'apposito rastrello per biciclette;

● l'utilizzo della bicicletta all'interno del sedime scolastico è permesso unicamente quando bisogna parcheggiare o riprendere la propria bicicletta prima e dopo le lezioni. Non è assolutamente permesso riprenderla durante la ricreazione o in altri momenti esclusi quelli citati sopra

Per il corretto utilizzo al di fuori dello spazio scolastico si rimanda al Nuovo Codice della Strada (D.lgs. n. 285 del 30 aprile 1992) e al Regolamento di esecuzione ed attuazione del Nuovo Codice della Strada (DPR n. 495 del 16 dicembre 1992).

 

Abbiamo poi ricerche internazionali che dimostrano quanto sia utile al benessere psicofisico degli studenti e delle studentesse l’utilizzo della bicicletta per coprire la distanza casa/scuola e quale contributo queste iniziative danno alla causa ecologica. Ma una volta varcato il cancello della scuola non esageriamo! scendere dal sellino, portare la biciletta a mano fino all’apposita rastrelliera e dimenticarsela per tutto il tempo passato all’interno del sedime (sic!) scolastico.

 

Insomma la biciletta come oggetto della didattica ma non come strumento didattico. Sarebbe troppo pericoloso. Ho già scritto su questo sito alcune considerazioni sulla differenza tra rischio e pericolo e non  mi voglio ripetere, piuttosto vorrei aprire una piccola finestra sull’esperienza di un insegnante che aveva fatto della bicicletta uno strumento indispensabile per la sua didattica: Gianni Milano, maestro e pedagogista, tutt’ora vivente (86 anni splendidamente portati) ma quasi del tutto dimenticato dalla pedagogia “ufficiale” e “moderna”. Arriva nel ciriacese nei primi anni ’70 reduce dalla vicenda che lo aveva visto protagonista a Torino: era infatti stato allontanato dall’insegnamento a causa delle sue idee libertarie e perché si  faceva dare “del tu” dai bambini di sette anni. Fu relegato al lavoro d’ufficio perché “veniva meno l’autorevolezza”, ma detto ad un anarchico… Per questa vicenda subì un processo durato cinque anni. Nel frattempo si laurea con lode in pedagogia con una tesi dal titolo “Per un’educazione libertaria”. Vince la causa e rientra ad insegnare. Si sposta nella provincia di Torino. La sua fu un’esperienza di educazione on the road con una classe della scuola elementare “Bruno Ciari” di Cirié (TO), le cui fondamenta risiedevano nell’uso quasi quotidiano della bicicletta come strumento per esplorare il territorio e trarne elementi di studio e di approfondimento didattico. I suoi bambini e bambine avevano le biciclette pronte nel cortile (orrore! non c’era la rastrelliera) della scuola, e quando non c’era un motivo più che valido per restare in classe, montavano in sella e partivano per la campagna, lungo le rive del fiume Stura, per l’aeroporto di Caselle, per i paesi e fino alla periferia della città. Così lui stesso racconta: “Un maestro in bicicletta non era spettacolo usuale a quei tempi. e la bicicletta non rientrava nelle norme del galateo; ma a me dava grande felicità, era un mezzo di trasporto  buddhistico, non violento, non inquinante, non rumoroso. Ero vicino alle cose che osservavo. Potevo salutare le persone che incontravo. Ricordavo a me stesso, e alla terra, il dovere gioioso di vivere in pace, senza padroni, leggero come un piccolo uomo, in bicicletta, verso bambine e bambini in attesa di una qualche nuova sorpresa. Fu per questa felicità del pedalare che fondai la mia attività educativa sulle due ruote. E partendo da questo presupposto ho ritenuto bene incentrare l’energia dei bambini su pedali avventurosi che permettessero loro di accogliere il mondo nella sua stupefacente varietà, senza esotismi, con sguardi attenti e minimalisti, con una intelligenza “muscolare”, diretta e pronta. L’aula ed il raccoglimento scolastico hanno un senso solo se servono per organizzare emozioni e conoscenze, per codificarle e comunicarle, per sviluppare ipotesi e fantasie. La strada, come ci insegna Kim [il ragazzo di strada protagonista dell’omonimo romanzo Kim” di Rudyard Kipling, n.d.r.], è democratica, varia, e conduce sempre in un qualche posto, meraviglioso, perché testimonia che siamo vivi e la vita è un valore che i bambini sperimentano poco a scuola. Là si “impara a vivere”. Il movimento crea disturbo, inquieta le maestre, è contrario a tutto ciò che si immagina sia un ordinato apprendere. Non c’è posto, a scuola, per le biciclette.

 

Purtroppo nemmeno oggi c’è vero spazio per le biciclette a scuola e quel poco che c’è rimane sotto il pesante preservativo della sicurezza. Pensate che i rarissimi corsi tenuti nelle aule o nei cortili scolastici in cui si “insegna” ai bambini e alle bambine come fare la manutenzione della bicicletta o riparare o sostituire una camera d’aria sono esclusivamente “visivi” perché gli strumenti atti allo scopo sono ritenuti potenzialmente pericolosi e quindi non adatti ai pargoli. Come se ad un corso di degustazione di vini ti facessero “vedere” come si degusta ma tu tornassi a casa con la bocca riarsa dalla sete e senza aver toccato nemmeno un calice. Questa è l’asettica e securitaria scuola italiana una scuola che invece di dissetare produce sete in chi la subisce.

In chiusura di questo scritto vorrei condividere con voi la lettura di questo breve e-book, liberamente scaricabile e stampabile, “Tutti in bici fino all’Isola delle Anguille” in cui potrete farvi direttamente dissetare dalle parole di Gianni Milano.

Buona pedalata tra le parole.

 

[1]  Gianni Milano " Io, maestro capellone e la mia vita libertaria tra le Vallette e il beat" La Repubblica  15 dicembre 2018

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TUTTI IN BICI FINO ALL'ISOLA DELLE ANGUILLE
Tutti in bici fino all'Isola delle Angui
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