FU: VOCE DEL VERBO FARE
dialogo a distanza tra una professoressa e un maestro
di Silvia Di Fresco e Enrico Roversi
Quando suona la campanella vi offre questo esperimento di dialogo a puntate tra una insegnante di scuola secondaria di secondo grado e un maestro di scuola primaria. L'alfa e l'omega dell'obbligo scolastico. Due mondi apparentemente distanti.
PRIMA PUNTATA
di Silvia Di Fresco
23/03/2016
Le vacanze di Pasqua sono iniziate ieri e, come spesso succede, noi insegnanti ne approfittiamo per correggere pacchi e pacchi di compiti. Tutto intorno le persone mangiano cioccolata, escono, vanno a fare acquisti e noi, stoici (dopo la 107 sempre più vicini al martirio), in casa con la biro rossa. Già sono indietro col programma perché non posso dare per scontato nemmeno l’alfabeto, già sono stata caldamente invitata dai piani alti ad ampliare la maglia dei voti perché altrimenti gli studenti non si iscrivono più, già è la terza verifica di recupero. “Fu: voce del verbo fare, 1^ cogniugazione,1 modo indicativo, tempo passato remoto, transitivo, attivo.” Rileggo, forse ho visto male. No, purtroppo l’inchiostro non è magico e quello che ho letto risponde al vero. Vorrei piangere. Siamo in prima superiore, come diavolo (per dirla finemente) è possibile che ben due studenti, dopo 6 mesi – e 8 anni - di analisi del verbo scrivano cose del genere? Scoramento, questa la prima sensazione. Inutilità la seconda. Ripercorriamo le tappe e cerchiamo di capire cosa non ha funzionato. Non è aplomb, è la forza della disperazione.
1. ho scritto una frase alla lavagna (Il cane corre); d’accordo, non era originale, ma l’obiettivo era un altro. 2. ho domandato agli studenti di fare appello alle loro conoscenze pregresse e ho chiesto quale fosse il verbo. A parte uno che è arrivato in Italia da 6 mesi e un altro che credeva fosse il cane, gli altri hanno risposto correttamente. Bene, mi dico. Il profugo, basterà fargli vedere il gesto e comprenderà subito il significato visto quanto ha dovuto correre, l’altro è uno contro 32, ho speranze di convincerlo del contrario. 3. Schema globale alla lavagna, fotografato e inviato al gruppo whatsapp della classe. 4. Spiegazione analitica delle componenti del verbo durante lezioni frontali dialogate. 5. Laboratorio: esercizi a casa, correzione in classe, nuovi esercizi insieme da farsi individualmente e /o con il compagno. Agli alunni con problemi (2 DSA, 1 BES, 1 104) ho insegnato ad usare l’albero dei verbi. 6. Verifica. Malissimo. Sette sufficienti. “Prof, è che io proprio i verbi non mi stanno in testa”; “Prof, è che io sta roba qui non l’ho mai fatta”; “Prof, ero agitato e non mi ricordavo niente”. D’accordo, ripassiamo e ritentiamo, sarai più fortunata. 7. Seconda verifica. Malissimo. Dieci sufficienze di cui cinque coincidono con le precedenti. Collera, rabbia, voglia di ucciderli. Ma come è possibile?!!!! “Prof, cioè questa settimana abbiamo avuto 3 verifiche!” “Prof, i verbi son difficili e poi cosa servono?” “Prof, lo so, c’ho delle lacune da piccolo”. Respiro a fondo. D’accordo. Ultima possibilità (qui l’aureola è già a 30 cm dal capo). 8. Terza verifica. 9. “Fu: voce del verbo fare, 1^ cogniugazione,2 modo indicativo, tempo passato remoto, transitivo, attivo.” Quattro sufficienti.
A questo punto, più depressa che disperata, io chiedo:
Alle elementari (primaria, pardon) cosa si fa? No perché ai miei tempi questi erano argomenti che si acquisivano allora e poi ti rimanevano per sempre. Facile dire le superiori sono il buco nero della scuola italiana, ma se a noi arrivano così cosa possiamo fare?!!!
Chi insegna nei cicli precedenti, sin dal primo, insegna a questi ragazzi l’arte dello studio a casa e del farsi il mazzo per ottenere risultati?
Con sta maledetta didattica delle competenze, bisogna baipassare queste conoscenze o far finta che le abbiano?
Poi, oh, se volete che per rendere più interessante la grammatica italiana mi metta a cantarla ballando il can can sulla cattedra lo faccio ma, nonostante sia entrata in ruolo quest’anno, sto invecchiando e dubito che sortirebbe i risultati auspicati.
1 Non è un refuso
27/03/2016
Gent.ssima collega, il problema non è ballare il can can sulla cattedra (ché l'idea non è poi da buttare) ma è la cattedra in se stessa. [CONTINUA LA PROSSIMA SETTIMANA]
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