RITMO

di Carla Carpigiani

 

Esistono le materie? O sono cassetti in cui infilare il mondo che però a volte è più grande e non ci sta? E la scuola elementare funziona bene se sta tutta spezzettata e in ordine in quei cassetti, oppure molte delle cose che facciamo, spesso le più belle, interessanti e stimolanti, in quei cassetti non entrano proprio?

 

Vi racconto di un’abitudine nata per caso, da quando nelle giornate di pioggia i miei alunni mi chiedevano di mettere la musica nello stereo per ballare o quando arrivati al livello di guardia per il disordine dell’aula decidevamo il “riordino al ritmo di musica”; così tutta la classe, divisa in gruppetti, si “metteva in onda” per riportare l’aula … alla normalità!

 

All'inizio quindi è stato un gioco, per sorridere riordinando insieme, perché la musica è un piacere che ci possiamo concedere e un accompagnamento per tanti momenti della nostra esistenza, quindi perché non farci accompagnare anche a scuola? Poi però è stato un susseguirsi di proposte implicite, di comunicazioni corporee, di ammiccamenti sorridenti e di imbarazzi tenui e arrendevoli. Veniva richiesto. Piaceva molto anche a me. Stavamo bene. Così...

 

La musica accompagnata dal movimento ora è diventata elemento importante per l’inizio della nostra giornata scolastica, un’accoglienza particolare che ci siamo accorti migliora l’armonia della classe e permette di scaricare le eventuali tensioni con cui arriviamo a scuola.

 

Alle 8.30 gli alunni “incaricati musica”, che cambiano periodicamente, scelgono la selezione musicale da proporre al gruppo e poi tutta la classe si mette in moto. Per mezzora ogni alunno, a turno, può guidare compagni e insegnanti con movimenti a ritmo di musica: si è tutti in gioco e non c’è giudizio; l’insegnante è posta frontalmente rispetto alla classe e fa da specchio ripetendo i movimenti dell’alunno che guida. È divertente e curioso vedere come questa attività quotidiana abbia subito evoluzioni creative conseguenti al progressivo “lasciarsi andare” degli alunni che da un lato si sentono protagonisti e dall’altro traggono ispirazione e divertimento dai gesti dei compagni. I bambini più timidi sono partiti da movimenti minimi, a volte anche l’allargare le braccia per indicare che non sapevano cosa fare veniva trasformato, con loro divertimento, nel movimento da imitare a ritmo di musica trasmettendo il messaggio che andasse bene qualsiasi gesto e tutta la classe l’avrebbe apprezzato e ripetuto.

 

Poi piano piano hanno cominciato a creare e i loro gesti spesso sono stati i più originali; Federico, uno dei bambini che aveva più difficoltà a lasciarsi andare, un giorno è arrivato a scuola raggiante annunciandomi che aveva trovato il suo movimento; quando è arrivato il suo turno si è lanciato addirittura in una composizione… gambe aperte piegate, braccia in alto alternate con dita in segno di vittoria ed un sorriso a 32 denti che sfoderava tutte le volte che piegava le gambe! Impossibile non essere travolti dall’entusiasmo, anche perché tutto questo veniva ripetuto dai 24 compagni concentrati su ritmo e movimenti ma estremamente divertiti.

 

In quale cassetto sta? Quello della musica? Quello dell'educazione motoria? Quello dei prerequisiti psicomotori alla lateralità, alla spazialità, geografia-geometria in nuce? O è intervallo? E soprattutto: bisogna sezionare questa attività per metterla nei cassetti e gettare ciò che eccede? In quale test invalsi la mettiamo?

 

Nell’ ultima fase di questa sorta di riscaldamento fisico e mentale si passa al ballo libero, in cui non c’è un conduttore ma alunni e insegnante mescolano i movimenti improvvisati. Spesso le “dade” che vengono a prendere le presenze per la mensa entrando in aula accennano qualche passo di danza e sorridono divertite. Finita questa attività si passa al silenzio della lettura individuale del libro della biblioteca per circa un quarto d’ora.

 

Il tempo “sprecato” in questa mezzora viene compensato dalla maggiore concentrazione nell' attività successiva e ci fa sentire tutti più “leggeri” e allegri. A noi piace fare scuola così, ascoltare i bambini e noi stessi, seguire gli spunti più interessanti e vedere dove ci portano, costruendo insieme dei percorsi di apprendimento – pronti a cambiare direzione se capiamo che non funzionano, ma contenti di svilupparli se sentiamo che ci fanno imparare e che ci fanno stare bene insieme.


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