IL SIGNOR P.
(e che Gaber ci perdoni)
di Silvia Di Fresco, Gianluca Gabrielli, Enrico Roversi
Dialogo teatrale in duetto tra due insegnanti potenziati
Prima di iniziare la lettura consigliamo a chi non conosce l'opera di Giorgio Gaber di guardare il video a lato.
Sono un insegnante.
Sono un insegnante, finalmente di ruolo.
Sono sempre stato un ottimista e sapevo che prima o poi ce l'avrei fatta. Come dite? Non ho una classe? Certo, certo, è vero. Ma il mio ruolo mi entusiasma potrò fare un sacco di cose utili per la scuola.
All'università ho avuto una buona preparazione e non mi perdevo una lezione, passo dopo passo ho seguito tutte le indicazioni e gli spunti che mi venivano dati. Sul mio diploma di laurea un bel 110 e lode con una tesi sulla riforma Berlinguer.
Alla scuola di specializzazione ho seguito con grande interesse le lezioni sull’oggettività della valutazione e ho ottenuto, per il mio studio, molti complimenti dalla professoressa di docimologia.
Da un mese mi hanno proposto un progetto pomeridiano per allenare gli studenti all’Invalsi. Ho accettato subito, entusiasta. Se gli alunni avranno buoni risultati il preside mi sceglierà di nuovo e la scuola avrà un gran vantaggio.
Mi sono già iscritto alla piattaforma Indire per l’anno di prova, ho compilato il bilancio delle competenze con cura e sono convinto che redigere bene il mio portfolio comporterà molte proposte di assunzione. Tra l’altro sto venendo a scuola con la febbre perché altrimenti, essendo stato assunto il 27 novembre, non riuscirei a portarlo a termine: d’altronde bisogna sfatare il mito dell’impiegato statale assenteista.
Credo che la scuola futura uscirà dall'entusiasmo di professionisti come me, sarà il frutto del lavoro dei migliori di noi. La considero un trampolino di lancio, mostrerò il mio valore, il dirigente vedrà il mio impegno e il mio talento e mi premierà. Col tempo potrò dirigere e correggere tanti colleghi che valgono molto meno, e se non si sapranno correggere troveremo il modo di sostituirli. La scuola del nuovo millennio ha bisogno di noi talentuosi, e la gavetta di oggi è un prezzo necessario.
Anch'io sono un insegnante.
Sono un insegnante dicono di ruolo, ma per il momento mi sembra di essere precario come prima, anzi, da un certo punto di vista, più di prima.
Sono un realista e cerco di guardare la mia situazione per quello che è. Sono passati mesi, non ho un orario fisso, giro per le classi a far supplenza e ancora non ho capito se sono proprio un docente.
All'università mi sono divertito. Per forza...Bologna è Bologna. Le lezioni spesso erano una palla e così, oltre a studiare quello che mi rifilavano, mi sono letto e documentato per i fatti miei e ho scoperto molto della scuola italiana degli anni Settanta. Sul mio diploma di laurea un 107 di cui vado fiero, sicuramente meritavo di più ma nella mia tesi ho sviluppato un'analisi critica sulle ultime riforme della scuola italiana...
Alla scuola di specializzazione, invece, io ho seguito con incredulità e rabbia le lezioni sull’oggettività della valutazione. Siamo soggetti che valutano soggetti: come si può essere oggettivi? L’insegnante di docimologia non ha però apprezzato queste mie considerazioni e mi ha dato 21.
Anche a me la scuola ha proposto un progetto pomeridiano sull’Invalsi. Ho rifiutato perché io il giorno dell’Invalsi faccio sciopero e sono convinto che il teaching to test stia rovinando la mente degli studenti. Il dirigente a quel punto mi ha detto che se avessi fatto il contrastivo lui non mi avrebbe richiamato.
A me l’anno di prova sembra un’enorme stronzata. Ci fanno rispondere a domande idiote come: Ritieni di avere individuato, i traguardi necessari per la tua classe? A parte il fatto che qualora la risposta fosse no non lo scriverei di certo, mi domando: A) chi leggerà mai tutta quest’aria fritta? B) ma se non ho le classi, come posso fissare dei traguardi? Tra l’altro mi sono preso una bronchite e sono stato a casa 20 giorni quindi probabilmente neanche mi verrà validato, e questo sebbene il martirio non sia ancora ufficialmente stato richiesto tra i requisiti della professionalità docente.
Credo che la scuola futura uscirà dallo sfacelo di questa precarizzazione, sarà il frutto malato della cancellazione della cooperazione, di una stupida concorrenza tra colleghi indotta da miraggi di premi. Col tempo si accentueranno le gerarchie tra docenti e tra alunni, tra scuole ricche e scuole povere. La disarticolazione della scuola pubblica ha un prezzo e – se non cambia nulla - mi sa che anche io ne dovrò pagare una parte.
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